Pubblicato da: Insieme per un Futuro | 06/01/2011

Il quarto Re Magio

Gaspare, Baldassare e Melchiorre decisero di partire da Gerusalemme. Anche Artibano si preparò per il viaggio. Vendette tutti i suoi beni e acquistò uno zaffiro, un rubino e una perla da portare al Rè e, montato in sella al velocissimo Vosda, galoppò verso Borsippa.

Attraversò boschi, guadò fiumi, s’inerpicò per colline e montagne, quando a una svolta pericolosa trovò un moribondo abbandonato sulla strada. Artibano saltò dal suo corsiero e, caricatosi l’infelice sulle spalle, lo adagiò sotto una palma, gli bagnò le labbra riarse, lo ristorò e il moribondo dopo qualche tempo apri gli occhi. «Voglia il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe ricompensarti -disse -faccia prosperare il tuo viaggio fino a Betlemme, perché è li che deve nascere il Messia, che tu vai cercando».

Artibano si rimise in cammino verso la mezzanotte… e alle prime luci dell’undicesimo giorno entrò in Borsippa, ma non trova i compagni. Essi avevano atteso lO giorni, poi erano partiti lasciandogli un messaggio: «T’abbiamo aspettato sino alla mezzanotte…, seguici attraverso il deserto”. Artibano, allora, vende lo zaffiro, appalta una carovana e riprende il viaggio affrontando i pericoli e i disagi del deserto.

Giunse a Betlemme dopo tre giorni che i suoi compagni avevano deposto ai piedi del Re l’oro, l’incenso e la mirra… ed erano ripartiti per un’altra via. Il villaggio pareva deserto. Dalla parte di una casupola sulla strada udì una flebile nenia. Entrato vide una giovane madre. La donna ospitò il forestiero, ristorandolo e parlandogli di tre stranieri, vestiti come lui, giunti dall’Oriente poco prima, guidati da una stella al luogo dove abitava Giuseppe, la sua sposa e il Bambino. Essi l’avevano adorato lasciandogli in omaggio ricchi doni; ma poi erano spariti misteriosamente, come pure, in segreto, la notte successiva scomparve la Famiglia di Nazareth, dirigendosi forse in Egitto.

Artibano si diresse allora verso Ebron alla volta dell’Egitto. Si spinse fino a Elaiopoli e a Menti; percorse le rive fiorite dei Nilo, si aggirò tra le Piramidi dei Faraoni, all’ombra della sfinge; ma le sue ricerche non approdarono a nulla. Scoraggiato e deluso tornò in Palestina nella speranza di poter ritrovare la Sacra Famiglia.

Dopo alcuni anni di peregrinazioni si rivolse ad un rabbino perché gli indicasse in quali paraggi avrebbe potuto incontrare il Messia. Il rabbino, preso un papiro, lesse: «Il Messia conviene cercarlo tra i poveri, tra gli umili, tra i sofferenti e gli oppressi». A tali parole, .Artibano vendette il rubino e si diede a nutrire gli affamati, a rivestire gli ignudi, a curare gli infermi, a visitare i carcerati. Passarono così trentatré anni da quando era partito in cerca della «Vera Luce». I suoi capelli, allora di un bel nero lucido, si erano fatti bianchi. Lacero ed esausto, ma tuttora in cerca del Re, era tornato per l’ultima volta a Gerusalemme nel periodo della Pasqua.

Era il venerdì della Parasceve… e nella folla si notava un’agitazione particolare. Egli, imbattutosi in un gruppo, domandò la causa del tumulto e dove andavano tutti. «Noi andiamo -risposero -al luogo dei Teschio fuori le mura, dove c’è la crocifissione di due malfattori e di un altro chiamato Gesù di Nazareth, il quale ha fatto molte opere prodigiose in mezzo al popolo ed ora è messo a morte perché si dice Figlio di Dio e Re dei Giudei».

Artibano pensò fra sé: «Non potrebbe essere quel Gesù nato a Betlemme trentatré anni fa? Che abbia trovato finalmente il mio Re nelle mani dei suoi nemici? Arriverò in tempo almeno per offrire la mia perla per il suo riscatto, prima che Egli muoia?». Così il buon vecchio segui la
moltitudine, quando, lungo la salita, una fanciulla di Ecbatana gli si avvicinò scongiurandolo in
ginocchio: «Per amore del Dio della Purezza, abbi pietà di me; sono una misera schiava della tua
stessa fede; salvami, ridandomi la libertà». Il vecchio, non possedendo che un’unica perla, la
consegnò alla sventurata concittadina per il suo riscatto.

Improvvisamente si udii un boato; la terra sussulta; il cielo si oscura; le mura delle case crollano; soldati e popolo fuggono terrorizzati. Artibano e la fanciulla si rifugiano sotto i loggiati del Pretorio. Una nuova scossa di terremoto, più violenta, fa cadere una pietra contro le tempie di Artibano, che traballa pallido, esanime. La ragazza lo sostiene con le sue braccia, mentre il sangue scorre a rivoli dalla ferita. Non è morto, lo si sente pronunziare queste parole:

«Non cosi o mio Signore… quando mai ti vidi affamato e ti nutrii? Assetato e ti porsi da bere? Quando mai ti vidi forestiero e ti ospitai? In carcere e ti visitai? Nudo e ti rivestii? Per ben trentatré anni ti ho cercato ansiosamente, ma non ho mai avuto la soddisfazione di poter contemplare il tuo volto, né di renderti il minimo servizio, o mio dolce Re!”. Artibano cessò di parlare. Ma un’altra voce si fece udire a suo conforto: «In verità in verità ti dico, che ogni volta che tu hai fatto ciò ai tuoi simili, ai miei fratelli, tu l’hai fatto a me».
Un grande respiro di sollievo gli usci dalle labbra. Egli aveva finito il suo lungo viaggio. I suoi doni erano stati veramente graditi. Artibano, il quarto dei Magi aveva finalmente trovato il Re.


Lascia un commento

Categorie